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venerdì 2 novembre 2018

Risanamento e accordo di ristrutturazione dei debiti nella riforma delle procedure concorsuali

L’11 ottobre 2017 è stato approvato in via definitiva il Disegno di Legge n. 2681 recante “Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza” (“DDL”), recependo i risultati dei lavori della Commissione Rordorf.
Entro i dodici mesi successivi il Governo avrebbe dovuto adottare uno o più decreti legislativi funzionali a riscrivere integralmente la legge fallimentare, oltre che a modificare, tra l’altro, la legge 27 gennaio 2012, n. 3, in materia di composizione delle crisi da sovraindebitamento ed il sistema codicistico dei privilegi e delle garanzie.
Nel febbraio 2018, è stata predisposta e diffusa, quale atto esecutivo del DDL, una prima bozza del Codice della Crisi e dell’Insolvenza (“CCI”), non risultando ad oggi essere ancora stato promulgato in via finale, ma rappresentando senza dubbio un importante punto di riferimento per comprendere se e come il diritto concorsuale italiano sia destinato a mutare, con suo adattamento alla realtà imprenditoriale e sociale cui è destinato ad applicarsi [1].
Il DDL si compone di sedici articoli, suddivisi in 3 Capi, di cui il Capo I (articoli 1-2) sulle disposizioni generali, il Capo II (articoli 3-15) sui principi e criteri direttivi per la riforma della disciplina delle procedure di crisi e di insolvenza e il Capo III (articolo 16) sulle disposizioni finanziarie.
L’articolato si sviluppa sostanzialmente in dieci aree, quali la sostituzione del fallimento con la liquidazione giudiziale, la fase preventiva e stragiudiziale per anticipare l’emersione della crisi, l’istituzione di un giudice ad hoc per le procedure concorsuali, il concordato preventivo in continuità aziendale, il marketplace nazionale per i beni in vendita tramite il sistema common, la procedura unitaria per i gruppi di imprese, il più facile accesso al credito, l’estensione dell’art. 2409 c.c. anche alle società in accomandita per azioni, la tutela per chi acquista immobili da costruire e, quanto costituirà oggetto del presente contributo, l’incentivazione degli strumenti di composizione stragiudiziale della crisi.
Un ambito, di sicuro interesse nel rapporto tra imprenditore in stato di crisi ed istituti di credito, è rappresentato dagli strumenti minori di ristrutturazione, con particolare riguardo al piano attestato di risanamento ed all’accordo di ristrutturazione.
Il “nuovo” piano di risanamento
Il DDL stabilisce la necessità che il piano attestato di risanamento debba avere forma scritta, essere munito di data certa ed avere contenuto analitico.
La previsione è volta a colmare un’oggettiva carenza dell’originario sistema legislativo concorsuale e risulta perfettamente coerente con i principi per la redazione dei piani di risanamento elaborati dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili nel settembre 2017, avendo come obiettivo quello di definire forma e sostanza di uno degli strumenti solutori di una crisi d’impresa che ha fatto registrare una massiva applicazione nella prassi ristrutturativa, ma che, al tempo stesso e su base statistica, è risultato spesso inidoneo a consentire un effettivo risanamento, vedendo seguire procedure concorsuali più invasive ed essendosi così dovuta verificare, alla prova dei fatti, la sua effettiva capacità esentiva fallimentare e penale.
Due sono i presupposti fondamentali per un imprenditore che decida di risanare la propria attività aziendale mediante un piano attestato: l’impresa deve trovarsi in una situazione di difficoltà non irreversibile; il piano deve avere come scopo il risanamento dell’impresa e non deve essere utilizzato con finalità meramente liquidatorie.
Per quanto riguarda il primo presupposto, l’impresa non deve trovarsi in situazione di insolvenza, presupposto per il fallimento, oppure crisi irreversibile. Il contesto in cui è possibile utilizzare questo strumento prevede dunque una situazione di squilibrio aziendale recuperabile attraverso lo sviluppo di un piano redatto dall’imprenditore e da questi proposto ai creditori. In altre parole, deve trattarsi di una crisi contingente e temporanea, destinata a poter essere risolta mediante lo strumento concorsuale protetto e, con esso, mediante l’accordo con i creditori finanziari.
Riguardo invece alle finalità, l’obiettivo del piano attestato è il risanamento dell’esposizione debitoria e il riequilibrio della situazione finanziaria, cioè il recupero di una normale situazione economico/finanziaria che consenta la conservazione della continuità aziendale.
Il piano attestato di risanamento si caratterizza per:
  • la natura privata dello strumento e degli accordi che allo stesso siano collegati; consente la riservatezza degli accordi sottoscritti, evitando una pubblicità negativa nei confronti degli stakeholders e dei clienti con cui l’azienda continuerà ad avere rapporti regolari; non è obbligatoria la pubblicazione dell’accordo nel Registro delle Imprese; quest’ultima è una opportunità che l’imprenditore può cogliere per sfruttare i benefici fiscali su eventuali sopravvenienze attive rivenienti dalle pattuizioni sottoscritte con i creditori (o parte di essi;
  • la veridicità dei dati e la fattibilità economica della ipotesi ristrutturativa, che devono essere attestati da un esperto indipendente nominato dal debitore; l’attestatore garantirà, a fronte di un approfondito lavoro, essenzialmente due elementi; in primo luogo che i dati di partenza su cui poggia il piano sono veritieri e affidabili; in secondo luogo, che le assunzioni di piano hanno una logica economico/finanziaria in grado di prevedere il ragionevole raggiungimento del risanamento dell’impresa, con conseguente possibilità di servire i debiti nella misura ed alle condizioni proposte; inoltre, poiché la nomina è una facoltà diretta dell’imprenditore, in base ai requisiti di indipendenza dall’impresa e di professionalità, specificamente qualificati nel comma 3, lettera d) dell’art. 67 della l. fall., l’attestatore dovrà garantire la propria totale estraneità agli interessi dell’impresa e dell’imprenditore;
  • la rilevanza giuridica in caso di successivo fallimento dell’impresa.
Non è previsto l’intervento del Tribunale sia nella fase delle trattative che nel processo di definizione degli accordi.
Ciò significa che il piano attestato di risanamento non è una procedura concorsuale, non è governabile, né è controllato, da parte di un’autorità preposta e non prevede il coinvolgimento dell’intero ceto creditorio.
Il piano attestato di risanamento, anche e soprattutto in coerenza con i principi dettati dal DDL, deve illustrare le condizioni, le ipotesi e le variabili secondo cui l’imprenditore si impegna a superare la situazione di crisi.
Poiché si pone l’obiettivo di risanare l’esposizione debitoria e riequilibrare la situazione finanziaria, il piano attestato di risanamento dovrà:
  • offrire un’adeguata descrizione dei fatti che hanno determinato la situazione critica e un’analisi delle relative cause;
  • fornire un’esatta fotografia dei processi, della relativa rilevazione contabile e dei loro effetti;
  • dare un’immagine della realtà aziendale completa, assimilabile a quella offerta dal bilancio, nel senso che l’intervento di risanamento deve misurarsi sull’intera area aziendale, non solo su quella finanziaria;
  • illustrare le assunzioni e i presupposti sui quali il management ritiene di fondare l’intervento di risanamento. Dovrà quindi esporre gli interventi gestionali e organizzativi volti al superamento della criticità, traducendoli in effetti economici, patrimoniali e finanziari;
  • descrivere gli interventi specifici sull’indebitamento necessari al recupero del riequilibrio finanziario, la cosiddetta manovra finanziaria; nell’ambito di quest’ultima, trattandosi di uno strumento estremamente flessibile, è possibile prevedere richieste di Nuova Finanza (seppur senza la caratteristica della prededucibilità in caso di fallimento) o stralci di debito.
L’orizzonte temporale deve pertanto assicurare, anche in termini previsionali, che l’impresa non abbia discontinuità nei pagamenti dei crediti correnti e non incorra in situazioni irreversibili; e ciò specie nei casi in cui vi sia un disallineamento temporale tra piano di risanamento, che normalmente deve essere contenuto entro cinque anni, e piano di pagamento dei debiti.
Va poi aggiunto che il piano attestato di risanamento acquista effettiva rilevanza giuridica soltanto quando l’impresa non riesca nel proprio obiettivo di risanamento, cioè nel caso di suo insuccesso e, quale conseguenza, di successivo fallimento dell’impresa: in tal caso, quando il curatore e il Tribunale dovranno verificare la possibilità di esercitare l’azione revocatoria o l’azione penale fallimentare, il piano e l’attestazione dell’esperto andranno a produrre gli effetti che l’ordinamento gli riconosce, ovvero la stabilizzazione degli atti posti in sua esecuzione, l’esclusione dalle azioni revocatorie e dai reati fallimentari; ma, a condizione che il piano e l’attestazione fossero, secondo un giudizio di prognosi, sufficientemente analitici ed adeguati.

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