A seguito dell’entrata in vigore della legge Gelli-Bianco, che, in tema di responsabilità medica, ha sostituito il precedente decreto Balduzzi, all’interno della IV Sezione penale della Corte di Cassazione era rapidamente sorto un contrasto con riferimento ai profili intertemporali di applicazione della legge (su tale contrasto aveva lucidamente ragionato A. MASSARO, La legge Balduzzi e la legge Gelli-Bianco sul banco di prova delle questioni di diritto intertemporale: alle Sezioni unite l’ardua sentenza, in questa Rivista, 2017, 12).
In particolare, secondo una prima pronuncia (n. 28187/2017, Tarabori) la previgente disciplina era più favorevole, in quanto escludeva la rilevanza penale delle condotte connotate da colpa lieve in contesti regolati da linee guida e buona pratiche accreditate dalla comunità scientifica, mentre quella sopravvenuta elimina la distinzione tra colpa lieve e colpa grave ai fini dell’attribuzione dell’addebito, dettando al contempo una nuova articolata disciplina in ordine alle linee guida che costituiscono il parametro per la valutazione della colpa per imperizia in tutte le sue manifestazioni.
Secondo una diversa e più recente pronuncia (n. 50078/2017, Cavazza), invece, la nuova disciplina sarebbe più favorevole, perché prevederebbe una causa di esclusione della punibilità dell’esercente la professione sanitaria “operante, ricorrendo le condizioni previste dalla disposizione normativa (rispetto delle linee guida o, in mancanza, delle buone pratiche clinico-assistenziali adeguate alla specificità del caso) nel solo caso di imperizia, indipendentemente dal grado della colpa”.
Rilevato tale contrasto, il Presidente della Corte aveva investito le Sezioni Unite di dirimere la seguente questione giuridica:
Quale sia, in tema di responsabilità colposa dell’esercente la professione sanitaria per morte o lesioni personali, l’ambito di esclusione della punibilità previsto dall’art. 590-sexies cod. pen., introdotto dall’art. 6 della legge 8 marzo 2017, n. 24.
All'esito dell'udienza del 21 dicembre 2017 in tema di responsabilità medica le S.S.U.U. della Corte di Cassazione hanno enunciato il seguente principio di diritto:
L’esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall’esercizio di attività medico-chirurgica:a) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da negligenza o imprudenza;b) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da imperizia: 1) nell’ipotesi di errore rimproverabile nell’esecuzione dell’atto medico quando il caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni delle linee-guida o, in mancanza, dalle buone pratiche clinico-assistenziali; 2) nell’ipotesi di errore rimproverabile nella individuazione e nella scelta di linee-guida o di buone pratiche che non risultino adeguate alla specificità del caso concreto, fermo restando l’obbligo del medico di disapplicarle quando la specificità del caso renda necessario lo scostamento da esse;c) se l’evento si è verificato per colpa (soltanto “grave”) da imperizia nell’ipotesi di errore rimproverabile nell’esecuzione, quando il medico, in detta fase, abbia comunque scelto e rispettato le linee-guida o, in mancanza, le buone pratiche che risultano adeguate o adattate al caso concreto, tenuto conto altresì del grado di rischio da gestire e delle specifiche difficoltà tecniche dell’atto medico.
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