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giovedì 13 settembre 2012

Avvocati-Isernia, Revocatorie fallimentari

http://www.avvocatocalvanese.comAzione revocatoria fallimentare: rileva il contratto definitivo di vendita
Cassazione civile , sez. I, sentenza 01.09.2011 n° 17995
Qualora siano stati stipulati un contratto preliminare di compravendita e poi il definitivo, la verifica della sussistenza dei requisiti necessari per l’esercizio dell’azione revocatoria deve essere effettuata con riferimento a quest’ultimo, atteso che il trasferimento del diritto di proprietà  si  attua solo con l’atto definitivo. In effetti, solo al momento della stipula del negozio conclusivo  si realizza la riduzione del patrimonio del debitore, con  pericolo di un effetto lesivo per i creditori, i quali vedono venir meno la garanzia del loro credito, sul bene venduto.
E’ quanto disposto dalla Sez. I Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17995/11, in linea con il consolidato indirizzo giurisprudenziale, espresso in numerose pronunce precedenti (cfr. Cass. n. 2967 del 1993; n. 3165 del 1994; n. 500 del 1992; n. 11798 del 1991; n. 264 del 1981; Cassazione civile, sez. I, sentenza 29 gennaio 2008, n. 2005; Cassazione Civile, sez. III, sentenza 16 aprile 2008, n. 9970).
Il caso sottoposto all’esame della Suprema Corte riguardava la compravendita di un opificio industriale con annessi terreni agricoli, stipulata con rogito notarile sottoscritto da un imprenditore, poi fallito, e da una società immobiliare. Il summenzionato  atto è stato dichiarato inefficace dal Tribunale che, ai sensi dell’art. 67, comma n. 1, Legge Fallimentare, lo aveva ritenuto soggetto a revocatoria fallimentare, in accoglimento della domanda spinta dalla Curatela del fallimento.
Proposto appello dalla società acquirente, la Corte d’Appello di Firenze, con sentenza del 30.6.05, ha respinto il gravame, sostenendo che “nel caso di revocatoria fallimentare di una compravendita stipulata in adempimento di un contratto preliminare, l'accertamento dei presupposti dell'azione va compiuto con riferimento alla data del contratto definitivo, con il quale il bene, uscendo dal patrimonio del fallito, è sottratto alla garanzia dei creditori”. Avverso tale decisione la società soccombente, ha presentato ricorso per Cassazione.
Nello specifico, parte ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c., 67, L.F. 1362,1363, 1470 c.c., nonché vizio di motivazione della sentenza impugnata in ordine ad un punto decisivo della controversia, asserendo che alla Corte di merito era stato richiesto di interpretare il contratto preliminare firmato il 30.1.75, per stabilire se potesse essergli attribuita la natura di vero e proprio contratto di vendita, non revocabile in quanto stipulato anteriormente al “periodo sospetto”.
La Suprema Corte, condividendo la pronuncia della Corte territoriale, ha escluso che alla scrittura del 30.1.75 potesse essere attribuita la natura di contratto definitivo.Pertanto, non essendo un atto dispositivo del patrimonio  del venditore, e rivestendo portata solo potenziale, il contratto preliminare non è assoggettabile all'azione revocatoria fallimentare, contrariamente all’atto definitivo, che produce immediatamente l’effetto traslativo della proprietà

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