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martedì 17 luglio 2012

AVVOCATI_ISERNIA, DOMICILIAZIONI LEGALI

il proprietario del terreno non è punibile per discarica abusiva se non è il gestore della medesima

Secondo la costante giurisprudenza della Suprema Corte, la consapevolezza da parte del proprietario del fondo dell'abbandono sul medesimo di rifiuti da parte di terzi non è sufficiente ad integrare il concorso nel reato di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 256, commi 2 o 3, (abbandono o deposito incontrollato di rifiuti e gestione di discarica abusiva), atteso che la condotta omissiva può dare luogo a ipotesi di responsabilità solo nel caso in cui ricorrano gli estremi del comma secondo dell'art. 40 c.p., ovvero sussista l'obbligo giuridico di impedire l'evento (Sez. 3^, 1 luglio 2002, Ponzio, m. 222.420). Analogamente, si è affermato che destinatario della norma penale che punisce la realizzazione e gestione di discarica abusiva è il gestore dell'impianto di raccolta e non il proprietario del terreno sul quale si attua lo smaltimento di rifiuti speciali non autorizzato, il quale può concorrere come estraneo nel reato proprio commesso dal gestore solo quando il concorso esterno materiale (cogestione di fatto) o morale (istigazione, rafforzamento, agevolazione) si realizzi con condotta commissiva, ovvero con condotta omissiva - in linea teorica - ma sempre che il "non agere" si innesti in uno specifico obbligo giuridico di impedire l'evento (Sez. 1^, 17 novembre 1995, Insinna, m. 203332), e che anche in materia ambientale un dato comportamento omissivo acquista il connotato dell'antigiuridicità solamente in funzione di una norma che imponga al soggetto di attivarsi per impedire l'evento naturalistico di lesione dell'interesse tutelato (nella specie si è escluso il reato nella condotta del proprietario di un terreno che aveva omesso di impedire che sul proprio fondo terzi realizzassero una discarica) (Sez. 3^, 18 dicembre 1991, Sacchetto, m. 189149).
I reati in questione non possono quindi consistere nel mero mantenimento della discarica o dello stoccaggio da altri realizzati, pur in assenza di qualsiasi partecipazione attiva e in base alla sola consapevolezza della loro esistenza. Non è sufficiente, pertanto, ad integrare il reato di cui alla contestazione la mera consapevolezza da parte del possessore di un fondo del fenomeno di abbandono sul medesimo di rifiuti da parte di terzi senza che risulti accertato il concorso, a qualsiasi titolo, del predetto possessore del fondo con gli autori del fatto. Nel nostro sistema penale, infatti, una condotta omissiva può dar luogo a responsabilità solo nel caso in cui ricorrano gli estremi dell'art. 40 cod. pen., comma 2, e cioè quando il soggetto abbia l'obbligo giuridico di impedire l'evento (Sez. F., 13.8.2004, n. 44274, Preziosi, m. 230173).
Sulla base di questi principi si è affermato che non da luogo alla configurabilità dei reati in questione la condotta di chi, "avendo la disponibilità di un'area sulla quale altri abbiano abbandonato rifiuti, si limiti a non attivarsi perchè questi ultimi vengano rimossi" (Sez. 3^, 3.10.1997, n. 8944, Gangemi, m. 208624); e che "la compravendita di un terreno sul quale erano già stati raccolti dal venditore rifiuti nocivi non può integrare, a carico del compratore, il reato in questione, neanche sotto il profilo che, trattandosi di reato permanente, esso debba essere addebitato a colui che, pur non essendo concorso nell'attività di accumulazione di rifiuti, abbia acquistato la proprietà del terreno ove gli stessi si trovino" (Sez. 1^, 4.3.1999, n. 7241, Pirani, m. 213699).STUDIO LEGALE CALVANESE

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